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Differenza tra licenziamento e dimissioni

Il licenziamento è l’atto con cui, il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di lavoro, a prescindere dalla volontà del lavoratore. In caso di dimissioni, invece, la volontà di interrompere il rapporto di rapporto è soltanto del dipendente. Esistono diversi tipi di licenziamenti, tra cui licenziamenti per giusta causagiustificato motivo soggettivogiustificato motivo oggettivo e collettivo.

Ai fini della validità del licenziamento la legge richiede il requisito della forma scritta, oltre all’obbligo di motivazione. Pertanto, la comunicazione del licenziamento deve quindi contenere l’indicazione specifica dei motivi che lo hanno determinato.

  • Il licenziamento per giusta causa si verifica quando il dipendente ha commesso una grave violazione del contratto di lavoro o delle norme aziendali, rendendo impossibile il proseguimento del rapporto. Ad esempio, frode, furto o insubordinazione grave;
  • Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è dato da un comportamento negativo del dipendente che non raggiunge la gravità della giusta causa, come ad esempio un’assenza ingiustificata prolungata o una scarsa performance lavorativa;
  • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo riguarda invece situazioni in cui il datore di lavoro deve procedere al licenziamento a causa di motivi economici, organizzativi o produttivi, come ad esempio la chiusura di un reparto o una riduzione del personale;
  • Il licenziamento collettivo si verifica quando un’azienda decide di licenziare un certo numero di dipendenti contemporaneamente, a causa di una ristrutturazione aziendale, crisi economica o altri motivi analoghi.

 

Le dimissioni sono l’atto attraverso il quale un lavoratore pone fine al proprio rapporto di lavoro con un datore di lavoro. In pratica, le dimissioni sono un’azione unilaterale del lavoratore, che decide di porre fine al rapporto di lavoro senza che ci sia una ragione specifica attribuibile al datore di lavoro

Con riferimento alle modalità di trasmissione e alle caratteristiche dei lavoratori, si possono distinguere alcune tipologie di dimissioni: dimissioni volontarie; dimissioni per giusta causa; dimissioni soggette a convalida; dimissioni durante il periodo di prova.

In ogni caso, le dimissioni devono essere presentate in forma scritta e con un congruo preavviso, che varia in base al contratto collettivo di riferimento e alla durata del rapporto di lavoro.

Nel nostro ordinamento, non sono ammesse le dimissioni estorte e non possono nemmeno essere “programmate in anticipo”, come spesso avveniva in passato con le c.d. “dimissioni in bianco”.

Al fine di evitare tali fenomeni, mediante il Jobs Act, entrato in vigore il 12 marzo 2016, è stato previsto che le dimissioni possono essere rassegnate esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali mediante il sito www.lavoro.gov.it, e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente. In alternativa è possibile rivolgersi a un soggetto abilitato, come un patronato, un consulente del lavoro, ecc.

Il licenziamento e le dimissioni devono essere comunicati entrambi in forma scritta e in entrambi i casi vi è l’obbligo del preavviso, che varia in base al contratto collettivo di riferimento, alla durata del rapporto di lavoro, tipologia di contratto e inquadramento.

Il preavviso non decorre a fronte di:

  • Malattia;
  • Ferie;
  • Maternità;
  • Infortunio;

In questi casi il computo ripartirà dal giorno di rientro a lavoro del dipendente.

L’obbligo viene meno in caso di:

  • giusta causa: ossia un evento o comportamento che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: ossia se entrambe le parti decidono che è venuta meno la convenienza reciproca alla prosecuzione del rapporto lavorativo;
  • Non è tenuta all’obbligo di preavviso la madre lavoratrice che si dimetta nell’arco del periodo per il quale è previsto il divieto di licenziamento, vale a dire dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del figlio. La previsione si estende anche al padre lavoratore che usufruisca del congedo di paternità e anche in caso di affidamento o di adozione fino ad un anno dall’inserimento del minore all’interno del nucleo familiare.

 

In caso di licenziamento il lavoratore o la lavoratrice ha diritto di accedere alla NASPI, a prescindere dalla motivazione, quindi anche in caso di interruzione del rapporto di lavoro per giusta causa. Viceversa, in caso di dimissioni la NASPI non è riconosciuta, in quanto la decisione di interrompere il rapporto di lavoro è del lavoratore o della lavoratrice, l’unica eccezione riguarda le dimissioni per giusta causa, in questo caso è ammesso l’accesso all’indennità di disoccupazione